Forse non ce la farò mai.
Non c’è la farò mai ad arrendermi a questo mondo che sa solo giocare.
Ogni mattina mi chiedo se sia giusto andare avanti a vedere tutto quanto in modo così serio.
Mi chiedo se sia poi così sbagliato iniziare a giocare come fanno tutti gli altri.
Gli altri che ridono, scherzano e giocano.
Gli altri, che della vita, non hanno ancora apprezzato niente.
Ma, gli altri… almeno gli altri sono felici, sempre e comunque.
Ridono della loro piccolezza.
Perché non essere piccolo come qualsiasi altro tassello del mosaico?
Perché non iniziare fare l’attore, invece che il regista?
Viviamo in un mondo talmente preso alla leggera dalla collettività, che chi lo prende seriamente, viene considerato un illuso, un perdente.
Un modo che purtroppo non si riguarderà dal fatto di farci star male.
Non ci chiederà mai scusa.
Un mondo contro il quale si possono solo prendere precauzioni, un mondo con cui non si discute.
Non c’è più niente, non c’è più vita, negli occhi della gente.
C’è la tristezza di sentirtmi dire cose che non hanno un senso.
L’amarezza della gente che mi mette in discussione, e che si sente colpita.
Ma forse ormai sono attrofizzato.
Sono stato talmente da tanto tempo al freddo, che non sentirei nemmeno un coltello che mi taglia la pelle.
Ma alla fine quello sbagliato, sono sempre io.
E non mi riferisco solo a me.
Mi riferisco a quando la gente dà per scontato che io non valga più di qualcosa, e così dev’essere.
A quando la gente non ha più voglia di fare pazzie.
Non ha voglia di farmi ridere.
E allora è qui che mi rispondo.
Diventare come la gente, diventare come i piccoli, sarebbe solo una debolezza.
Perché è comodo essere così, essere piccoli e indifesi.
Ma questo è il loro mondo, non il mio, e io non voglio farne parte.
Se il viaggio è così, io starò a guardare.
Viaggerò in terza classe, ma almeno lontano da chi non sa apprezzare niente.