Ciao mondo!!

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Grazie

Grazie a te,

che fra i giorni si e i giorni no, mi hai insegnato come vanno le cose.

Tu, che con i malumori e con i malintesi

hai sempre fatto qualsiasi cosa per me.

Grazie a te,

che sei grande, che sei speciale,

che hai voluto sempre essere qui accanto.

Grazie a te, alle tue mani, ai giochi e alle risate.

Grazie per tutto quello che stai facendo.

Grazie di stare lì, giorno per giorno.

Grazie per tue telefonate e per le tue battute.

Grazie per i nomignoli, per Roby-One Kenoby,

per le sorprese, per i regali.

Grazie per avermi insegnato a camminare, poi ad andare in bicicletta,

e poi a guidare.

Grazie a te che ancora ora mi spieghi qualsiasi cosa.

Grazie a te che mi dici che mi vuoi bene con ogni piccolo gesto.

Grazie a te che mi hai insegnato a saper rischiare e a saper ragionare.

Grazie a te, che mi hai insegnato a vivere…

GRAZIE.

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Una piccola fetta di realtà…

Forse non ce la farò mai.

Non c’è la farò mai ad arrendermi a questo mondo che sa solo giocare.

Ogni mattina mi chiedo se sia giusto andare avanti a vedere tutto quanto in modo così serio.

Mi chiedo se sia poi così sbagliato iniziare a giocare come fanno tutti gli altri.

Gli altri che ridono, scherzano e giocano.

Gli altri, che della vita, non hanno ancora apprezzato niente.

Ma, gli altri… almeno gli altri sono felici, sempre e comunque.

Ridono della loro piccolezza.

Perché non essere piccolo come qualsiasi altro tassello del mosaico?

Perché non iniziare fare l’attore, invece che il regista?

Viviamo in un mondo talmente preso alla leggera dalla collettività, che chi lo prende seriamente, viene considerato un illuso, un perdente.

Un modo che purtroppo non si riguarderà dal fatto di farci star male.

Non ci chiederà mai scusa.

Un mondo contro il quale si possono solo prendere precauzioni, un mondo con cui non si discute.

Non c’è più niente, non c’è più vita, negli occhi della gente.

C’è la tristezza di sentirtmi dire cose che non hanno un senso.

L’amarezza della gente che mi mette in discussione, e che si sente colpita.

Ma forse ormai sono attrofizzato.

Sono stato talmente da tanto tempo al freddo, che non sentirei nemmeno un coltello che mi taglia la pelle.

Ma alla fine quello sbagliato, sono sempre io.

E non mi riferisco solo a me.

Mi riferisco a quando la gente dà per scontato che io non valga più di qualcosa, e così dev’essere.

A quando la gente non ha più voglia di fare pazzie.

Non ha voglia di farmi ridere.

E allora è qui che mi rispondo.

Diventare come la gente, diventare come i piccoli, sarebbe solo una debolezza.

Perché è comodo essere così, essere piccoli e indifesi.

Ma questo è il loro mondo, non il mio, e io non voglio farne parte.

Se il viaggio è così, io starò a guardare.

Viaggerò in terza classe, ma almeno lontano da chi non sa apprezzare niente.

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L’arena

Venerdì sera ero nell’anfiteatro più suggestivo del mondo (dicono). E le luci, e la musica, e la pelle d’oca.

Sabato pomeriggio stavo abbracciando qualcuno. E i profumi, e le carezze, e i baci.

Sabato sera bevevo una cioccolata con un amico. E la malinconia, e la stanchezza.

Ieri pomeriggio stavo imparando ad andare in macchina con mio papà. E la strada, e le curve, e le marce.

E oggi sono a letto con la febbre. E il nervosismo, il respiro affannato.

Già, perchè cambia sempre tutto, ogni giorno. Oggi senti il vento che gira, nell’Arena di Verona, e dopo poco sei a letto con la febbre ("coglione!" penserete facendo due più due).

E’ in questi momenti che capisco che non ne vale la pena. Ti alzi e capisci che di programmare, di pensare a cosa farai domani, proprio non ne vale la pena.

Forse la vita è tutta qua, immedesimarsi in un libro in una mattina freddolosa di inizio inverno. Guardare "Non è un paese per vecchi" e sorprendersi, come un bambino, a desiderare gli stivali di Tommy Lee Jones e di camminare nelle strade sterrate del Texas.

Fatto sta che non ne ho più voglia. Non ho propriopiù voglia di pensare. Voglio solo godermi la vita, trovare quell’appiglio nel vuoto che tutti cerchiamo e vivere. Viverla sempre, giorno per giorno.

Già, perchè tutti, arriviamo a renderci conto che questa vita non ci aspetta, che è un enorme tapis roulant su cui continuare a correre per non cadere, e che ci serve qualcuno. Qualcuno che sia lì con noi, farci compagnia. A venirci a trovare quando stiamo male.

L’ho trovata? Non lo so, ma voglio godermela, perchè è solo così le cose si mantengono, che le cose si conservano.

E voi che dite? Potete vivere senza nessuno? Senza il vostro appiglio?

 

"Ci si sceglie per farselo un po’ in compagnia,

questo viaggio in cui non si ripassa dal via.

L’amore conta, l’amore conta

per quanto tiri sai che la coperta è corta"

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Come quando fuori piove

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E sei qua. Con la pioggia. Con una pioggia che non smetterà mai di seppellire le orme che hai lasciato. Un pioggia che continua a cadere e trova sempre la forza di scontrarsi con il terreno. E ti senti un po’ come se fossi diverso dagli altri, un po’ come quando sei malato, quando la febbre ti tiene a letto, mentre gli altri si divertono.

Guardo fuori dalla finestra e l’unica cosa che mi viene in mente, è che sta arrivando l’autunno. Che ho lasciato molto alle mie spalle, e che questa vita è una montagna di fango da scalare. Forse un giorno questa pioggia smetterà di cadere, forse la smetterò, di svegliarmi la mattina con il suono dei tuoni. E chissà, forse un giorno tornerò a guardare il cielo, e un sole splendente mi costringerà a socchiudere gli occhi. Ma non ora.

Quante volte ho sentito dirmi "Non ora Roby, più avanti". Quanti sogni, quanta fiducia. Quante illusioni. Le illusioni di chi ha cercato di far felice la gente, di chi ha dato l’anima e di chi alla fine del gioco ha sempre perso. Probabilmente un gioco in cui perdono tutti, in cui non c’è nemmeno la gioia di rendere felice l’avversario. Un gioco umido, umido e ammuffito, forse trovato in soffitta, lasciato lì da chissà chi.

E la pioggia continua a cadere. Il tempo è scandito dal continuo ticchettìo delle gocce di pioggia che toccano il suolo. La stessa pioggia che una volta quasi ti piaceva, quando potevi avere il calore intorno a te. La stessa pioggia che una volta guardavi con sicurezza, ora è sufficiente per abbatterti.

E speri così ogni giorno di alzarti in un mondo migliore. Ti illudi che quella giornata sarà migliore. Ma la vita è questo. E’ futile felicità e utile dolore. Impariamo solo quando soffriamo. Il vero significato delle cose ci è chiaro solo quando ormai non siamo più nulla.

Eppure si arriva inevitabilmente a un punto in cui, diventi invulnerabile. Quando nulla può più toccarti. E ti accorgi che ormai sei un pezzo di ghiaccio, pietra e ghiaccio. Che ormai basta concentrarsi un attimo per smettere di ragionare con il cuore e iniziare a usare il cervello. Perchè se c’è una cosa che ho capito, in tutto questo è che a un certo punto bisogna smettere di sognare. Che nella vita serve più usare la logica che l’amore. Che la vita è solo una lunga equazione algebrico-sentimentale. Bisogna solo scrivere quell’equazione, giorno per giorno, e essere coscienti che quella sorta di matematica ha le sue regole, e che non ci scapperemo, che è tutto tristemente prevedibile.

E sei triste, sconsolato. Come quando sei malato. Come quando fuori piove.

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Pianeti dispersi

La vita è un po’ come l’universo, e noi siamo miliardi di corpi celesti.

Quando siamo soli, quando crediamo di non aver bisogno di nulla e di nessuno, siamo fissi, come il Sole, e sembra che tutto quanto ci giri intorno, senza mai toccarci.

Quando ci innamoriamo, invece, inevitabilmente, uno dei due pianeti diventa come la Luna: gira intorno a un pianeta che gira intorno a un’altra stella. Già, perchè quando t’innamori poni al centro della tua orbita la persona che ami,ma quella persona non ha te, al centro della sua orbita, ma altre cose più importanti di te.

Ti trovi quindi, inevitabilmente, a essere Sole, Terra, o Luna, e tutto non dipende da te, ma dipende dal grado d’importanza che hai per questa persona. Eppure non saprei dire se è più triste rincorrere un pianeta senza mai avvicinarsi, o farsi rincorrere.

Non so se è più la tristezza di provarci sempre e non arrivare mai, o di avere davanti uno spettacolo danzante che non si avvicinerà mai a te.

Credo che la perfezione di un rapporto, si raggiunga quando si riesce a lasciar perdere la grandezza dei pianeti, e si diventa piccole sfere. Non so se avete presente quelle sferette anti-stress che si fanno ruotare in mano. Si rincorrono sempre, e girano l’una intorno all’altra, sempre a contatto. E cosa ci può essere meglio di due sfere che si rincorrono nella mano del destino, unite in ogni situazione, con due orbite diverse, che si incrociano giocando e tintinnando. Dove non bisogna scegliere chi sta fisso e chi corre, ma dove l’una è il centro dell’altra.

E io sono qua, con la mia scatoletta e un posto vuoto accanto a me. Aspetto che venga a mettersi qua in parte la mia sfera, e che il destino mi prenda in mano.

 

Un ringraziamento particolare a Cristina per avermi ispirato questo intervento.

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Estate

Salve ragazzi… Io sono quel ragazzo che tutti conoscono come uno che non si lascerà andare mai, come uno a cui non succede mai niente.

Eppure quest’estate, persino per me, per me che sono così impenetrabile, così sicuro, è stata difficile. Eppure io voglio continuare a crederci, continuare a restare seduto su questo treno che non è nient’altro che la mia vita. Un treno che a volte deraglia, che a volte va a velocità folli, e un treno che a volte sbatte contro una muraglia, in un tonfo improvviso.

Come niente, ti accorgi che sei solo, ma non la solitudine di chi non ha amici, bensì la solitudine di chi, nella maturità della vita, si rende conto che nessuno può aiutarti. Che gli amici ti possono stare vicino ma che in fin dei conti nessuno può fare le scelte al posto tuo.

Già, perchè la vita è così, è dannatamente triste, ingiusta. Un giorno ti accorgi che di quello che credevi di aver costruito in diciotto anni, non esiste più niente. Non esiste più la fierezza dei tuoi genitori. Ti accorgi che non c’è amore negli occhi di chi ti ha sempre insegnato le cose, e ti accorgi che c’è molto più amore negli occhi di chi hai sempre trattato male. Conosci delle persone che riescono a darti un mare di saggezza in pochi giorni, e scopri invece com’è davvero la gente che che ti ha sempre voluto insegnare i sani principi. Conosci la tristezza di chi non si è saputo prendere le sue responsabilità, e la felicità di chi ti manda un messaggio dicendo che tutto va bene, mentre dall’altra sta piangendo, perchè non va bene proprio niente.

Scopri che ci sono persone in grado di tornare sui propri passi per starti vicino, che si dimenticano stupide litigate per poter essere lì ad abbracciarti.

Scopri che esiste della gente come te, che ha visto la vita per quello che è. Che ha capito che la gente immatura, è la più felice.

La morale di questa storia, che credo di aver appreso dei due mesi più intensi della mia vita, è che nella vita, qualunque cosa sbagliata, ti si ritorce contro. Ho sempre creduto che questa vita fosse così negativa da poter non punire nessuno, e invece mi sono reso conto che devi sempre tenere i pugni alzati e le spalle al muro, perchè stai tranquillo che tu puoi essere il giustiziere o lo spettatore, ma se ti capita il giorno in cui tu sei il colpevole, fermati e aspetta la tua rovina, perchè la vita ti inseguirà e per quanto puoi scappare, per quanto veloce puoi correre, ti troverà in ogni angolo e lì ti punirà, quando sei rimasto da solo, quando sei fuggito dal mondo.

E arrivi a un punto nella vita, inevitabilmente, in cui ti accorgi che non esiste più niente, non esiste più la fortuna o la sfortuna, non esiste più il bene degli altri, non c’è amore che possa proteggerti, e in un impeto di follia tutto ti quadra, nella sua tristezza più assoluta, nel suo realismo più sfacciato, ma dopo questa visione onirica della realtà, la tua mente torna nella gabbia delle illusioni e delle autoconvinzioni, e capisce che è meglio così, che siamo destinati a vivere per sempre in una vita fittizia.

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C’est la vie

 

"Le cose non hanno una logica chiara, il buono non porta né al buona né al cattivo. La gente ruba, e non viene arrestata, vive una vita comoda. Altri mentono, imbrogliano e vengono eletti.

C’è chi si ferma ad aiutare un automobilista in panne e viene travolto da in TIR che corre spedito.

Non c’è spiegazione, quello che conta è giocarsi bene le carte che abbiamo.

Guardami! Hai capito quello che ho detto?"

 

                                                      (Saw IV)

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Dedicato a chi…

Oggi nel guardare le foto che ho sul blog, mi è venuta un po’ di tristezza. Erano fotografie di altri giorni, di altri tempi, in cui forse, ridicolamente, eravamo riusciti a mettere le nostre amicizie al centro del nostro mondo…

Dov’è finita la gente che parlava di amicizia? La gente che ti ha detto che ci sarebbe sempre stata? Forse sono stato stupido io a voler sempre ringraziare tutti per quello che facevano, senza sapere che un giorno molta gente se ne sarebbe andata per i propri interessi, come d’altronde si poteva immaginare. Eppure in tutto questo non c’è cattiveria, c’è semplice realismo. Il realismo di chi ha visto dei predicatori d’amicizia che si sono allontanati, e a visto gente che sembrava semplice e alla buona, esserci sempre nei momenti difficili. Fare i nomi di chi se n’è andato, di chi si è allontanato, sarebbe troppo comodo, parlare di chi continua a seguire le proprie comodità e i propri interessi. Gente che ti ha promesso il mondo e poi se n’è andata appena ha potuto, gente che è venuta da te nel momento del bisogno e poi, ora che è felice, nemmeno fa una telefonata per chiederti come stai… Sono sicuro che qualcuno darà la colpa a me per tutto questo, perchè ammettere di aver sbagliato, chiedere scusa e pentirsi, non è una cosa cosa di cui tutti sono capaci. Chi per orgoglio, chi per ignoranza, ma rimane comunque troppo difficile farlo.

Sinceramente, faccio fatica a credere a tutto questo, quando la gente ti ha sfruttato e poi ti ha dimenticato, è davvero difficile continuare a credere in certe cose, ma nella mia vita restano comunque alcune persone che continuano a fare in modo che tu abbia la voglia di uscire ancora anche in un pomeriggio coperto o durante una sera piovosa.

Non ho intenzione di fare la solita lista di nomi, anche perchè forse una lista precisa non la conosco nemmeno io, ma credo che la gente che si merita questi ringraziamenti, sappia di dover leggere questo intervento:

voglio ringraziare chi esce con me il pomeriggio anche solo per fare due risate, quelli che comunqua sia, portano un po’ di allegria, anche se non ho occasione di avere una grande confidenza con loro.

Voglio ringraziare le persone che sono con me ogni volta che ho bisogno, le persone che fanno finta di credere che ho il raffreddore quando ho appena finito di piangere, ma che comunque hanno una spalla da offrirmi. Quelle persone che hanno sempre un messaggio da inviarmi per chiedermi se esco e hanno un po’ di tempo anche solo per vedere un film con me. Quelle persone che ridono con te e anche se non hanno sempre il tempo di uscire, si prendono a cuore i tuoi problemi.

E infine voglio ringraziare quella persona che mi dà sempre la forza di andare incontro a tutto questo, che sa farmi capire il vero significato delle cose e sa comunque di rimanere la cosa più importante che ho, e questo, devo darne atto, non è affatto facile.

Quindi mando un abbraccio a tutti: a quelli del pomeriggio, a quelli del sabato sera (quando io ci sono) e a quelli che ci sono sempre nei momenti difficili.

Concludo con una nota d’amarezza per chi invece si è allontanato, per chi mi ha sfruttato e ha promesso sciocchezze, ma credo che non ci sia bisogno di ammonizioni per quelle persone, la vita renderà loro ciò che si merita.

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Le maschere di Venezia

Fissi un punto sul tavolo, magari la giuntura del legno, e all’improvviso senti una vampata di calore, parte da un tratto ferito fra un polmone e l’altro e sale sempre più. Ti inonda il cranio, diventa dolore e poi formicolio, fino a quando lì dietro, lo senti spingere con la forza di un uragano. Un fiume salato esplode dagli occhi pieni di momenti felici, mille musiche risuonano nelle tue orecchie, e la tristezza allo stato puro cola sul tuo viso bruciando come lava. Senti gli occhi che quasi schizzano fuori dalle orbite, la gola ti si chiude in una morsa che non lascia spazio al fiato, ma l’aria non è la cosa più importante di quel momento.

Ti senti finito, lotti contro chi non ha più niente che possa rilevare il tuo dolore. Cerchi, in quell’attimo di ira, di colpire senza far male, perchè sai che se dovessi scatenarti proprio ora, saresti implacabile, e i tuoi colpi diverrebbero insanabili.

E non sai più cosa fare, ti alzi e cammini velocemente per la stanza, ma qualsiasi cosa vedi ti ricorda quello per cui stai piangendo, e allora guardi te stesso, in uno specchio che riflette le tue lacrime, accese dalla luce del sole che filtra dalla finestra. Un sole che sta morendo, che prima o poi si spegnerà. Eppure non trovi quel motivo che ti spinga a farla finita, forse perchè non vuoi vederlo, o forse perchè non puoi fare a meno di continuare. Senti il dolore di mille pugnali infilati nello stomaco, l’intestino si annoda e si gonfia, pronta a esplodere da un momento all’altro. Intando il bordo dei tuoi occhi è divenuto insensibile, le palpebre non si preoccupano più di bagnare l’occhio.

All’improvviso, la tranquillità. La tranquillità di un momento, una piazza, i piccioni, un sorriso. E tutto svanisce, con uno schiaffo di dolore da chi ti saresti aspettato le carezze. E il sapore della malinconia torna più forte di prima, si prende gioco di te, lascia che tu ti perda, con gli occhi persi nel vuoto e la testa penzolante. Vuole che tu stia male, che tu soffra, che i tuoi occhi colino dalla tua faccia. Resta a guardarti, mentre ti chiedi se tutto quel dolore è possibile, se chi dall’altra parte nessuno si senta in colpa per te. Ti domandi se nel cuore di qualcuno è rimasto ancora qualcosa, se il bambino che catturava le farfalle nei momenti felici, è ancora lì a darti una mano per appoggiarti nei momenti tristi. Trovi la forza di alzare la testa, e tutto quello che capisci, è che sono speranza inutili. Due righe fredde e concise di lasciano intendere che non sei più nessuno, e da lì, puoi solo ricavare cattiveria. Null’altro.

Ti giri, vedi la tua maschera, comprata pochi giorni prima, e ti ricordi quanto tu adori le maschere. Prendi le chiavi, indossi una mascher e esci di casa, chiudendo dentro le urla di dolore.

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